I tessuti africani

Il panorama tessile africano è vastissimo:

Ogni Paese ha una propria tradizione, una propria tecnica e le lavorazioni sono infinite.

I wax, sono i tessuti africani più conosciuti, ma lo sai che nascono in Olanda nel 1860 dall’azienda Vlisco?

Ancora oggi, Vlisco realizza delle vere e proprie opere d’arte stampate su tessuto, ragione per cui, alcuni pezzi in edizione limitata, li puoi trovare qui.

Ma, oltre al wax, cosa offre il Continente Africano?

I bogolanfini di Mali e Senegal, lo shweshwe sudafricano, l’aso oke e i batik nigeriani, il Faso dan fani del Burkina Faso, sono solo alcuni dei bellissimi tessuti che possiamo trovare e che ho scelto di utilizzare.

Se fosse solo un abito,
non sarebbe mio…

Ma non sarebbe nemmeno il tuo.

Non sarebbe il nostro, perchè mancherebbe il fascino della sua storia e delle curiosità che avrebbe da raccontarci.

Perchè il mio obiettivo è proprio quello: connettere persone e culture attraverso i vestiti che creo, ed ho deciso di farlo partendo dai tessuti africani.

Che sia un qualunque pezzo BabaJole , ognuno avrà una storia, mai scontata e mai banale: racconterà di artigiani, di arte della tintura manuale, di influenze tra Paesi , parlerà di radici e tradizioni.

Quando scegliete un BabaJole significa che volete qualcosa in più di un semplice capo d’abbigliamento: siete alla ricerca della componente più umana del pezzo che indosserete.

Significa che chiedete passione, stupore, ricerca, divulgazione, accoglienza.

E…posso dirlo?

Bellezza.

I tessuti africani

Batik

In diverse zone dell’Africa occidentale possiamo trovare varie produzioni di batik artigianale, ma la Nigeria è sicuramente uno dei Paesi specializzati in questa tecnica.

Il termine utilizzato è Adire e si riferisce alla tecnica del tie & dye con tintura di indaco.

Adire eleko, sono invece i tessuti in cui attraverso una riserva di cera o impasto di manioca vengono disegnati dei motivi che rappresentano un proverbio o un racconto.

I batik multicolore, sono invece chiamati Kampala.

Il tessuto su cui avviene la lavorazione è 100% cotone leggero.

I “brocade” sono dei cotoni con lavorazione simil broccato e sono i più pregiati.

Bogolan

Il bogolanfini, o più comunemente chiamato bogolan, è un tessuto totalmente artigianale e sostenibile sia dal punto di vista sia della produzione che ambientale.

Bogolanfini significa letteralmente “fatto con il fango”, ed è il tessuto bandiera del Mali, nonostante si possa trovarlo sia in Burkina Faso che in Senegal.

La sua lavorazione richiede giorni: si compone di strette strisce di cotone tessute a telaio, che vengono poi unite con cuciture a mano per formare la singola pezza larga dai 150 ai 200 cm e alta circa 120 cm.

Una volta composta la pezza, questa viene decorata con il fango fermentato.

I simboli rappresentati nel bogolan, raccontano una storia o un proverbio, che solo chi conosce quel linguaggio può capire.

Chi non lo conosce, deve solo fidarsi del proprio istinto e lasciarsi rapire dalla sua bellezza per immergersi in un altro mondo.

Shweshwe

È un tessuto di cotone totalmente made in Sudafrica e, Da Gama, azienda tessile situata a Zwelitsha, è l’unica a produrre lo shweshwe originale.

Come per i wax, anche lo shweshwe ha una storia europea: lo presentarono i francesi per la prima volta nel 1840 al re Moshoeshoe, lo importarono i colonizzatori tedeschi e, l’azienda maggiormente specializzata nella sua produzione era inglese. Per molto tempo, fu un tessuto quasi ad uso esclusivo dei bianchi colonizzatori, poi, per le sue proprietà resistenti (viene anche definito denim africano), trovò ampio utilizzo tra la popolazione rurale di colore, specialmente nei gruppi Sotho, Tswana e Xhosa (a cui appartenevano anche Nelson Mandela e Miriam Makeba), tanto da far diventare in breve tempo lo shweshwe il tessuto tradizionale sudafricano.
Poichè per colorare il tessuto veniva usato l’indaco, lo shweshwe è stato per molto tempo solo di colore blu. Inoltre, veniva inamidato per preservarlo dall’umidità che avrebbe potuto rovinarlo durante i lunghi viaggi marittimi dal Regno Unito al Sudafrica; questa pratica di inamidamento si è mantenuta, nonostante non sia più necessario e, infatti, il tessuto presenta un odore particolare, che va a diminuire con i lavaggi.

I disegni consistono in distintivi motivi geometrici, ma esistono shweshwe con bellissimi disegni astratti e anche fiori.

Oggi, lo shweshwe è ampiamente utilizzato come tessuto da cerimonia e viene particolarmente apprezzato nei matrimoni, anzi, è abbastanza diffuso anche come dettaglio per i vestiti da sposa.

Wax

I tessuti wax nascono in Olanda nella seconda metà dell’ottocento, dall’azienda tessile Vlisco, che prese spunto dalle lavorazioni batik tipiche delle isole di Java (colonie olandesi) per creare, a livello industriale, un tessuto analogo. Questo tessuto, il wax appunto, trovò però maggiore apprezzamento nelle colonie africane: l’esperienza di alcuni abili mercanti, unita all’operato dei missionari, ne favorì la rapida diffusione.

Ispirati dai disegni, i venditori locali iniziarono ad attribuire un nome ad ogni tessuto, aumentandone il successo, tanto che la stessa Vlisco si adeguò a questa pratica.

I significati non sono sempre univoci per tutti i paesi africani, ma lo sono per la maggior parte.

Alcuni disegni sono “iconici” e sebbene vengano rivisitati in colori e stile, il loro significato rimane immutato